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I reati contro il patrimonio culturale

Sommario: 1. Premessa. – 2. Il testo normativo. – 3. La definizione di bene culturale – 4. L’inasprimento sanzionatorio – 5. 5. La nuova responsabilità amministrativa dell’ente – 6. Conclusioni.

 

Premessa.

Nel mese di marzo 2022, dopo un iter parlamentare che ha impegnato più di una legislatura, la Camera ha (si può dire finalmente) approvato definitivamente il DDL sui reati contro il patrimonio culturale, che apporta importanti e modifiche al codice penale.

La Legge n.22 del 9 marzo 2022 (recante Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” – di seguito per brevità anche la “Legge”), così approvata, riforma le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale e le inserisce nel codice penale, con l’obiettivo di riformare in maniera incisiva la materia, attraverso la creazione di un nuovo assetto della disciplina, volto a un generale inasprimento del trattamento sanzionatorio.

Il provvedimento, in vigore dal 23 marzo 2022 (G.U. n.68 del 22 marzo 2022), richiama la Convenzione europea di Nicosia “sulle infrazioni relative ai

beni culturali” del 17 maggio 2017, volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali.

Tale Convenzione, recentemente ratificata in Italia con la Legge n. 6 del 2022 ed entrata recentemente in vigore il 1 aprile 2022, si propone di prevenire e combattere la distruzione intenzionale, il danno e la tratta dei beni culturali, rafforzando l’effettività e la capacità di risposta del sistema di giustizia penale rispetto ai reati riguardanti i beni culturali, facilitando la cooperazione internazionale sul tema e prevedendo misure preventive, sia a livello nazionale sia in ambito internazionale.

In particolare, la Convenzione prevede che costituiscano reato diverse condotte in danno di beni culturali, tra cui il furto, gli scavi illegali, l’importazione e l’esportazione illegali, nonché l’acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti. È ragionevole ritenere che l’impegno assunto, a livello internazionale, dal nostro Paese abbia indotto il legislatore a recuperare i ritardi accumulati in Senato ove la proposta di legge di iniziativa dei deputati Orlando e Franceschini, licenziata dalla Camera dei Deputati il 18 ottobre 2018 e assegnata alla competente commissione di Palazzo Madama il 6 novembre 2018, è stata approvata in aula con modificazioni soltanto il 14 dicembre 2021.

Il testo normativo.

La Legge si compone di sette articoli che: i) collocano nel codice penale gli illeciti penali attualmente ripartiti tra codice penale e codice dei beni culturali (artt. 1 e 5); ii) modificano la normativa internazionale contro crimine organizzato   transnazionale e, in particolare l’articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n.  146, in materia di operazioni sotto copertura (art.2); iii) innalzano le pene edittali vigenti (art.3); iv) modificano il comma 3 dell’art. 30 la legge n. 394 del 1991 in materia di aree protette (art.4);  v) introducono nuove fattispecie di reato (art.1); vi) introducono aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali; vii) intervengono sull’articolo 240-bis c.p., ampliando il catalogo dei delitti in relazione ai quali

è consentita la c.d. confisca allargata (art.1); viiii) modificano il decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio (art.3).

Volendo ora entrare nel merito del nuovo corpus normativo, è di tutta evidenza come l’attuale disciplina ricalchi i valori espressi nella nostra Costituzione, laddove si sancisce la primaria importanza del patrimonio culturale e paesaggistico, al quale è garantita una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata.

Specificatamente, secondo quanto previsto dagli artt.9 e 42 della nostra Carta Costituzionale, alla tutela penale del patrimonio culturale è assegnato un rilievo preminente e differenziato nell’ambito dell’ordinamento giuridico, che colloca inequivocabilmente la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione a un livello superiore rispetto alla difesa del diritto all’integrità del patrimonio individuale dei privati .

In tale ottica, la riforma legislativa in esame pone l’accento proprio sui fatti criminosi che incidono sul patrimonio culturale, inserendo uno specifico titolo del Libro II del codice penale (il titolo VIII bis) dedicato a tali fattispecie di reato, con lo specifico obiettivo, da parte del Legislatore, di fornire strumenti più efficaci di repressione, attraverso la minaccia di pene detentive particolarmente severe, che consentono, tra l’altro, l’adozione di misure cautelari in carcere e il ricorso allo strumento delle intercettazioni telefoniche.

La nozione di bene culturale.

L’introduzione di un nuovo titolo del codice penale interamente dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale rende necessario soffermare

l’attenzione sulla definizione di bene culturale, su cui si fonda l’intero testo di Legge.

Tale nozione è rinvenibile nell’articolo 10, comma III, del Codice dei Beni Culturali, a mente del quale possono essere beni culturali:

  1. le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
  2. gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
  3. le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
  4. le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
  5. le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione;
  6. le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricompense fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestono come complesso un eccezionale interesse.

Si osserva che, sulla base delle norme che presiedono alla circolazione delle opere d’arte, i beni artistici appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali nonchè a ogni altro ente e istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro (ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) si “presumono” essere beni culturali (cfr. art.10, comma 1, Codice dei beni culturali), sino alla conclusione del procedimento di verifica della sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, da parte degli organi competenti del Ministero dei Beni Culturali (ossia, principalmente, dalle Soprintendenze competenti).

Tale presunzione non sussiste invece per i beni appartenenti ai privati, essendo al contrario stabilita ex art.13, comma 2, Codice dei Beni Culturali, una procedura di dichiarazione, volta ad accertare l’eventuale sussistenza dell’interesse artistico e culturale.

L’inasprimento sanzionatorio.

Ormai da decenni il diritto si preoccupa di definire, a colpi di spallate e di feroci indietreggiamenti, il confine tra arte e ordine pubblico, arte e morale, pratica artistica e fattispecie criminose.

In linea con i nostri principi costituzionali e con il sopra citato orientamento della disciplina internazionale, la riforma legislativa in esame eleva a delitto le forme più gravi di offesa al patrimonio culturale, affinché siano puniti nel modo più severo i comportamenti che suscitano, nell’attuale contesto storico, un maggiore allarme sociale – come il vandalismo, il furto d’arte, la ricettazione e l’illecita esportazione di beni culturali – e per i quali nessun altro tipo di sanzione, al di fuori di quella penale, sarebbe percepita come proporzionata.

Tra queste, una delle novità più significative è l’introduzione della fattispecie di reato del c.d. “furto d’arte”, che si differenzia dalla fattispecie – base di

cui all’art. 624 c.p. (con cui si pone in rapporto di specialità) per il bene giuridico tutelato, determinato dall’avere sottratto il bene non soltanto alla disponibilità del proprietario, ma anche alla funzione pubblica cui è naturalmente rivolto nonché al controllo da parte dell’Amministrazione Quanto al regime sanzionatorio, fatte salve le aggravanti previste (analoghe a quelle punite dagli artt. 624-bis e 625, primo comma, nn. 2), 5) e 7) c.p.) è di tutta evidenzia l’inasprimento della pena: se infatti il furto disciplinato dall’art.624 c.p. è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516, il furto d’arte è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Dunque, rispetto alla previgente disciplina penale, può dirsi attuato, con riferimento al patrimonio culturale, un generale inasprimento delle pene, con lo specifico obiettivo sia di definire il particolare grado di offensività della condotta, sia per garantire un più efficace espletamento dell’attività investigativa finalizzata all’individuazione dei responsabili delle condotte medesime, prevedendo la possibilità di emanare provvedimenti coercitivi e di utilizzare più risolutivi strumenti di investigazione.

La nuova responsabilità amministrativa dell’ente.

L’art.3 della Legge in esame introduce nel D.Lgs. n.231/2001 la responsabilità degli enti, intesi come persone giuridiche, società e associazioni, all’art.25-septiesdecies rubricato “Delitti contro il patrimonio culturale” nonchè all’art. 25-duodevicies rubricato “Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici”.

Mediante tale modifica normativa il Legislatore non ha solamente voluto prevedere la massima tutela concessa dal nostro ordinamento, attraverso la sanzione penale, a beni ritenuti di particolare interesse, ma ha aggiunto un quid pluris di particolare importanza: la responsabilità per le persone giuridiche.

Di talchè ne deriva come anche la medesima società possa ora essere ritenuta responsabile dei reati, in precedenza contestabili se commessi da un soggetto apicale o sottoposto alla direzione o vigilanza.

Ora, come noto, la responsabilità dell’ente presuppone sempre e necessariamente che vi sia un interesse o vantaggio per lo stesso, in assenza del quale non sussiste alcuna forma di responsabilità.

Affinchè dunque possa configurarsi una responsabilità della persona giuridica è necessario che la stessa possa ottenere un vantaggio, anche solo nel noto criterio del risparmio dei costi, qualora uno dei soggetti indicati nel D. Lgs. 231/01 commetta il reato di riciclaggio di opere d’arte o quello di devastazione e saccheggio di beni culturali.

Conclusioni.

L’entrata in vigore della Legge proposta dai ministri Orlando e Franceschini è il passaggio conclusivo di un lungo (ed estenuante) iter avente l’intento di modificare il quadro sanzionatorio a tutela del patrimonio culturale, iniziato con la proposta di Legge del 9 luglio 2018.

Il provvedimento entrato in vigore ha senza dubbio il pregio di fornire maggiore tutela al patrimonio culturale, ridefinendo l’assetto della disciplina anche e soprattutto nell’ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio.

Certamente il nuovo assetto legislativo, laddove prevede una concreta tutela per i beni culturali, comporta inevitabilmente ai soggetti giuridici appartenenti ai settori coinvolti la necessità di prevedere specifiche procedure che si pongano in un’ottica preventiva e di tutela dell’ente da eventuali fatti illeciti.

Difatti, un efficace modello organizzativo di un ente, che riporti le corrette e opportune modifiche alla valutazione dei rischi (risk assessment), potrebbe

rilevare come condizione esimente della responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001.

A titolo esemplificativo, le società che si occupano dell’organizzazione di aste, della gestione di gallerie d’arte o musei dovranno intervenire con ragionevole urgenza sui propri sistemi di prevenzione e gestione dei rischi.

Anche le realtà che non operano nei settori più direttamente interessati dalla riforma dovranno opportunamente porre attenzione a specifici segmenti della propria attività, che potrebbero potenzialmente risultare interessati dal rischio di incorrere nei nuovi delitti contro il patrimonio culturale.

L’Arte in Italia potrebbe così vedere una nuova fase di tutela, molto più rigorosa sì, vedremo se effettivamente più efficace.

S. MORABITO, I reati contro il patrimonio culturale, 13 BusinessJus 84 (2022)

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