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Profili giuridici degli N.F.T. (Non Fungible Tokens). Tra arte e blockchain in Italia.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Beni fungibili e beni infungibili – 3. Smart contract – 4. Collezioni digitali. – 5. Conclusioni.

1. Premessa.

Ogni problema complesso ha una soluzione semplice. Ed è sbagliata. (GEORGE BERNARD SHAW)

Questo articolo vuole avanzare alcune prime considerazioni giuridiche su una affascinante novità del panorama delle cripto attività, ossia i c.d. token non fungibili o non fungible tokens (di seguito, per brevità, “NFT”). In particolare, tra diritto dell’arte e diritto civile, quid iuris? se una opera d’arte diviene, attraverso di essi, un’opera digitale, utilizzando tecnologia blockchain.

Si potrà, in questo modo, prevenire problemi e convenzioni proprie del diritto e del mercato dell’arte?

I token non fungibili rappresentano un tipo peculiare di token crittografici che funzionano su base Ethereum, ma che, per il concetto proprio delle criptovalute, rappresentano qualcosa di unico. Questi gettoni, non essendo fungibili, non sono reciprocamente intercambiabili. Come accennato, questa caratteristica fondamentale si pone in contrasto con quella delle criptovalute, come Bitcoin o come molti altri token di rete o di utilità, che sono invece di natura fungibile.

Come noto, da un punto di vista giuridico, le cose fungibili sono quelle che all’interno di un genere possono essere facilmente sostituite tra di loro in quanto sono di identica utilità. Le cose infungibili sono invece quelle che non possono essere sostituite tra di loro senza procurare un danno all’interesse del creditore.

Le cose fungibili sono spesso considerate a peso o a misura e anche da questo punto di vista possono essere interscambiabili. Esse possono essere oggetto di diversi contratti, come il mutuo (articolo 18131 codice civile) perché devono essere restituite cose della stessa specie e qualità. Le cose fungibili possono essere oggetto inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12432 codice civile, di compensazione perché questa non può operare tra debiti e crediti che hanno una qualità diversa. Diversamente le cose infungibili possono essere oggetto di altri contratti, come il comodato che, ai sensi dell’articolo 18033 codice civile, obbliga la restituzione della stessa cosa ricevuta.

Tuttavia le cose, sotto il profilo naturalistico, hanno il carattere della materialità.

Leggermente diverso è il concetto giuridico di beni con il quale si intendono le cose che possono formare oggetto di diritti ai sensi dell’articolo 8104 codice civile. La dottrina da sempre ha rilevato che il termine “cosa” ha una valenza lessicale non necessariamente coincidente con quella di bene.

I tokens sono, in questo paradigma, senz’altro beni perché possono formare oggetto di diritti. Ora questi, applicati agli NFT, introduco il concetto di rarità digitale.

Prima della rivoluzione portata dalla tecnologia blockchain, il costo per replicare qualcosa nel mondo digitale era quasi nullo. Si pensi al meccanismo di copia e incolla che danneggia i diritti di utilizzazione economica di foto o altre opere d’arte presenti su internet. Dall’introduzione della tecnologia blockchain, ciò può essere risolto. Questi beni, anche di natura artistica, diventano digitalmente rari perché non fungibili. È così possibile distinguere una foto o un’opera copiata.

Infatti, la caratteristica che differenzia i token utilizzati dalle criptovalute da quelli non fungibili è che i primi, essendo appunto fungibili, sono stati concepiti al fine di creare una moneta, in quanto ogni unità è intercambiabile con qualsiasi altra equivalente. Ciò avviene, da sempre, anche per le valute cosiddette fiat, che prima di tutti hanno l’obiettivo, geneticamente al pari di tutte le altre monete, di funzionare da mezzo di scambio.

I token non fungibili incrementano ulteriormente questa caratteristica in quanto essi sono unici e limitati in quantità, a differenza delle criptovalute, i cui token sono creati allo stesso modo.

La non fungibilità è una caratteristica che si ritrova negli oggetti d’arte o da collezione che, con l’introduzione di questi nuovi token, sono resi diversi da tutte gli altri, in quanto basati su token non fungibili.

Interessante sarebbe così porre gli NFT in correlazione con l’universalità di beni, ex art 8165 c.c., classico esempio di collezione di opere d’arte. Come noto, la caratteristica fondamentale dell’universalità di mobili è la distinzione tra essa e i singoli beni che la compongono. Questi ultimi, infatti, a norma del secondo comma del citato art. 816 c.c., possono anche formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici. È possibile vendere un’opera che fa parte di una collezione.

Gli utilizzi alla base degli NFT possono essere molteplici. Quelli che interessano a noi, in questa sede, sono relativi alle opere d’arte, ma essi possono essere progettati e utilizzati anche per i videogiochi o per creare e gestire un’identità digitale.

Il primo e più importante utilizzo dei token non fungibili, quanto al diritto dell’arte, riguarda il tema dell’autenticità e della proprietà nel mondo dell’arte digitale. Essi potrebbero rivoluzionare i paradigmi alla base dei degli strumenti di valutazione delle opere d’arte6 in quanto, grazie alle loro caratteristiche, si potrebbe forse limitare, se non eliminare, il rischio di falsificazione di tali certificati rendendo più sicuro, grazie la tecnologia blockchain, lo scambio di tali opere.

2. Smartcontract

Non si possono capire gli NFT senza calarci nel nuovo mondo solcato da gli smart contract.

Essi non sono veri e propri contratti, ma programmi che eseguono un’operazione particolare a determinate condizioni (if…. then….), funzionando automaticamente sulla base di funzioni prestabilite. Non è equivalente a un contratto legalmente vincolante. Come noto, non sono previsti dall’ordinamento giuridico in quanto non sono che un codice di esecuzione sulla blockchain Ethereum; sono controllati da codici informatici per fare interagire tra di loro gli indirizzi corrispondenti agli utenti7. Semplificando, si può affermare che essi sono composti da un codice con due chiavi pubbliche.

Gli smart contract possono essere usati in applicazioni che hanno un ruolo diverso8 da un contratto legalmente vincolante. Questo non significa che gli smart contract non possano costituire mai – o formare parte di – un contratto legalmente vincolante.

In presenza di determinate condizioni, essi possono rispettare gli elementi di un contratto legalmente vincolante come previsto dal diritto italiano. Inoltre, la legislazione in alcune giurisdizioni può aiutare a sostenere il risultato.

Il nostro ordinamento, nel febbraio 2019, è stato convertito in legge il c.d. “Decreto semplificazioni”, con il quale le tecnologie basate sui registri distribuiti e gli smart contract sono così stati introdotti con valore normativo, rimettendo però all’Agenzia per l’Italia Digitale l’individuazione degli standard tecnici richiesti ai fini del riconoscimento di pieno valore giuridico a tali strumenti tecnologici.

L’art. 8-ter della legge di conversione – Legge 11 febbraio 2019 di conversione del D.L. 14 dicembre 2018 n. 135 – introduce la rubrica “Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contracts”.

Altri articoli hanno rilevanza fondamentale9.

Per quanto concerne i token non fungibili, si può dire che i vari codici utilizzati (ERC-721 ed ERC-1155) consentono al momento una interoperabilità significativa, dando così la possibilità alle varie blockchain di interagire tra loro.

In questo modo, le opere a cui essi si riferiscono possono essere trasferite in mercati aperti dando la possibilità ai proprietari di perfezionare contratti di compravendita. Importante caratteristica, da non sottovalutare, è che i token non fungibili sono ovviamente soggetti a variazioni del prezzo così come risultanti dal mercato.

3. CollezioniCrypto.

Tutto ciò premesso i token non fungibili possono essere utilizzati per formare collezioni digitali. Essi stessi possono rappresentare un’opera d’arte o qualsiasi altro bene, oggetto di diritto, che può anche fungere da prodotto finanziario o attività finanziaria. Infatti, stante le ultime determinazioni della Consob10, si può parlare di attività finanziaria se l’attività in questione, anche di natura digitale, include la presenza di tre elementi:

  1.  l’impiego di capitale;
  2. l’aspettativa di un rendimento di natura finanziaria;
  3. l’assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale.

Per quanto riguarda la creazione di una collezione d’arte digitale, i token non fungibili possono anche rappresentare un utile strumento di divisione di un’opera d’arte reale, intesa con supporto fisico.

Ulteriormente, da un punto di vista giuridico domestico, gli NFT possono così rappresentare il mezzo attraverso il quale dare nuova forma alla comunione, intesa giuridicamente come diritto di proprietà sulla stessa cosa, così come previsto dall’articolo 110011 del codice civile. Come noto, ogni comunista è titolare di una percentuale sull’intero bene e non di una porzione del bene fisicamente individuata. Ne consegue che il diritto di ogni comunista di utilizzare il bene nella sua interezza in qualsiasi momento, con l’unico divieto di non modificarne la destinazione senza il consenso degli altri comproprietari e di non impedire agli altri di fare lo stesso utilizzo.

In questo modo, si potrebbero creare delle frazioni di beni da scambiare attraverso i relativi token su blockchain, dando la possibilità del proprietario di un’opera d’arte di ottenere quella liquidità che il mercato spesso fatica a riconoscere. Quello dell’arte in particolare che potrebbe in periodi come questo, essere particolarmente non liquido.

Ovviamente, ciò porrebbe interessanti questioni in materia di normativa antiriciclaggio, in quanto, come noto, occorrerebbe verificare l’identità di ogni singolo comunista.

Inoltre l’artista potrebbe altresì creare una serie di opere digitali, anche uguali, ma gestendole e distribuendole come distinte. Ciò avviene da sempre, si pensi ad esempio alle stampe, alle litografie e alle edizioni in tiratura limitata.

4. Conclusioni.

L’arte digitale è stata una rivoluzione. Prima ancora di comprenderne totalmente la portata si sta rivoluzionando ancora. Parallelamente il diritto sta cambiando, come recita il claim di BusinessJus, e come sempre segue le innovazioni sia economiche sia tecnologiche.

Tra queste rivoluzioni, i problemi posti dal diritto dell’arte, in particolare le certificazioni di autenticità e l’infinito mondo dei falsi e della contraffazione, è posto davanti a un cambiamento epocale conseguente all’integrazione dell’arte fisica con l’arte virtuale.

Al momento in cui scrivo tutto è in divenire. Il diritto saprà dare le risposte adeguate? Noi ci proviamo.

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